LEGGE 3/2012

Introduzione alla Legge 3/2012

La crisi economica ha spinto sempre più imprese in Italia ad affrontare situazioni di rischio e di difficoltà, facendole incontrare con il Sovraindebitamento, l’incapacità di poter ripagare i debiti attraverso le proprie disponibilità economiche.
Nota come legge “salva-suicidi”, la Legge 3/2012 venne approvata a fine 2012 con l’intenzione rivoluzionaria di tutelare tutti i soggetti che non rientrano nelle disposizioni contemplate nella Legge Fallimentare, permettendogli di ripagare solo i debiti che la propria situazione economica gli consente. Questo concordato legale annulla la sproporzione tra i debiti accumulati e le proprie sostanze, contribuendo alla nascita di un rinnovato equilibrio finanziario e fiscale, mettendo un punto all’incubo che si sono trovate a vivere le M-PMI in Italia.

Il processo per la composizione delle crisi da sovraindebitamento permette al debitore di rivolgersi direttamente al Tribunale, affiancato da professionisti legali, avanzando un piano di rientro capace di risanare i rapporti con i creditori. Qualora il piano venisse respinto dal giudice o risultasse non fattibile, l’impresa sovraindebitata può avviare, in alternativa, la procedura di liquidazione del patrimonio, durante la quale ogni azione esecutiva dei creditori viene sospesa (vd. Paradigmi dei pagamenti del debito). Qualunque siano le sentenze emesse dal Tribunale, il finale di questo percorso è comunque rappresentato dall’esdebitazione, condizione nella quale l’attività potrà dirsi risanata da tutti i problemi causati dall’accumularsi dei debiti: una ritrovata pace finanziaria e l’attivazione dell’effetto fresh start, ovvero la possibilità di tornare a pieno regime ad agire nell’economia.

Come si è visto la Legge 3/2012 ha definitivamente predisposto dei concreti strumenti per superare il sovraindebitamento. Essa prevede tre differenti procedure: una dedicata alle persone fisiche al di fuori dell’attività imprenditoriale o professionale svolta (cd. Piano del consumatore), mentre le altre due sono fruibili anche da professionisti, piccoli imprenditori e start-up innovative (accordo di ristrutturazione dei debiti e liquidazione dei beni). Queste differenze talvolta dalla difficile comprensione rendono necessaria l’elaborazione di una precisa strategia affinchè il sovraindebitamento venga scongiurato tout court: individuare la procedura più adatta tra quelle disponibili è ciò da cui il nostro team di professionisti esperti in crisi d’impresa parte per avviare il percorso di esdebitazione al vostro fianco. Da (5?) anni la Legge 3/2012 vede in Livoni, Comandulli & Associati il suo migliore interprete qualificato e advisor: con più di (?) provvedimenti omologati nei Tribunali di tutta Italia il nostro compito è quello di far sì che l’impresa ritrovi la serenità di cui ha bisogno per rientrare attiva nell’economia.

CRISI D’IMPRESA

A distinguere l’operato di LCA nell’aiuto di imprese sovraindebitate sono stati esperienza, studio e ricerca puntuale sulle condizioni della crisi d’impresa nel panorama italiano ed europeo. Grazie all’impegno del nostro team è stata possibile la rottamazione delle cartelle (L.193/2016) e la falcidiabilità dell’IVA, due enormi opportunità che hanno agevolato attività che si trovavano in uno stato di crisi devastante e che prima di mettersi in contatto con noi credevano d’aver perduto ogni speranza.

Riassumendo, questi sono i vantaggi conseguenti l’uso applicativo della L.3/2012, oltre al pagamento dei debiti nella misura concretamente sopportabile dal debitore:

  • La sospensione delle procedure esecutive.

  • La dilazione dei pagamenti IVA.

  • Lo stralcio dei creditori chirografari.

  • L’effetto fresh start connesso all’esdebitazione.

La Legge 3/2012 si rivolge ai soggetti tecnicamente “non fallibili”; ovvero:

  • Una ditta individuale, un libero professionista.
  • Una società di persone, un’impresa familiare, una s.n.c., una s.a.s.

  • Un’azienda agricola, una cooperativa, un’associazione no-profit.

Prima dell’arrivo di questo decreto un soggetto non fallibile avrebbe potuto continuare ad accumulare debiti, condannando se stesso e l’impresa a doverli onorare in balia dello stress procurato da banche, finanziarie e Agenzia dell’Entrate (un tempo rappresentata da Equitalia), dovendo rinunciare a beni privati e pagando costose spese legali per non accorrere ad ingiunzioni più gravi. Alla luce della Legge Fallimentare in Italia non può fallire qualsiasi impresa, ma solo quelle che si trovano in queste particolari condizioni:

  • Attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a 300000 €.

  • Ricavi lordi non superiori a 200000 €.

  • Ammontare debitorio anche non scaduto non superiore a 500000 €.

Per poter attingere a tutti i vantaggi prescritti dalla Legge 3/2012 è necessario soddisfare i seguenti requisiti:

  • Cooperazione al regolare ed efficace svolgimento della procedura fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili.

  • Assenza di condanne con sentenza passata in giudicato per uno dei reati previsti dall’art. 16 della Legge 3/2012.
  • Nessun ritardo o intralcio durante lo svolgimento della procedura.
  • Sia stato svolta nei quattro anni di durata della liquidazione un’attività produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alla situazione di mercato, o sia stata cercata un’occupazione senza rifiutare proposte di impiego attraverso validi motivi.
  • Non si sia beneficiato di altre esdebitazioni negli otto anni precedenti la domanda.

  • Siano stati soddisfatti almeno in parte i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.

Quando l’Esdebitazione non è possibile

Vi sono alcuni criteri tali per cui il Tribunale può non ammettere l’impresa ai benefici della Legge 3/2012:

  • Colpevolezza: quando la condizione di sovraindebitamento è imputabile colpevolmente al debitore, ovvero quando ci si è indebitati nella consapevolezza di non poter onorare i debiti.
  • Frode: quando il debitore nei cinque anni antecedenti o nel corso della stessa, abbia compiuto atti in frode, ovvero abbia dissimulato e/o occultato il proprio patrimonio al fine di sottrarlo ai creditori.

n Italia molte M-PMI si sono trovate a fare i conti con la crisi e tutte le sue conseguenze più spiacevoli. A differenza delle grandi aziende come le multinazionali che sono sorrette da aiuti economici ingenti in caso di indebitamento, le piccole medio imprese spesso si trovano a dover contare solo sulle proprie forze.
Quando le cause del sovraindebitamento sono la congiuntura economica, la stretta creditizia, la concorrenza, il mancato pagamento delle fatture lo scenario che viene a crearsi è scoraggiante. Le banche, dopo aver preteso garanzie personali, iniziano a minacciare di rivalersi su casa, capannone, beni di soci e familiari; quotidianamente si ricevono molestie telefoniche dei call center di banche e finanziarie; la casella postale è intasata da lettere di avvocati, telegrammi di minaccia, atti giudiziari e cartelle dell’Agenzia delle Entrate; spesso si verifica l’uscita dal circuito del credito bancario, l’uso di carte prepagate e conti correnti esteri. Avviene anche che l’imprenditore è chiamato a rispondere di fideiussioni rilasciate al sistema bancario, di solito atte a garantire fidi, prestiti, mutui, leasing per la propria attività commerciale; spesso a questo consegue che si debba rispondere attingendo al proprio reddito/patrimonio per le obbligazioni contratte ai fini aziendali. Altre gravi conseguenze che descrivono il grave stato di sovraindebitamento sono:

  • Pignoramento dello stipendio, della pensione.

  • Pignoramento del conto corrente.

  • Fermo amministrativo di automezzi ed attrezzature.

Difendersi da queste pericolose possibilità non è impossibile. Esistono leggi dette “procedure concorsuali” che se ben usate possono:

  • Salvaguardare la continuità aziendale permettendo all’impresa non arrestarsi.

  • Limitare la responsabilità sul debito degli imprenditori mantenendo separato il patrimonio personale da quello aziendale.

Fra le procedure concorsuali più note si annoverano il concordato preventivo, l’amministrazione controllata e la liquidazione volontaria. Qualora queste non siano sufficienti, è prevista in ultima istanza la bancarotta, il fallimento. Con la Legge 3/2012 viene definitivamente riconosciuto il diritto di uscire dal sovraindebitamento per tutti quei soggetti che non rientrano nelle disposizioni previste dalla Legge Fallimentare (vd. A chi è rivolta la legge 3/2012).

Come si è visto quando un’azienda intercorre nello stato di crisi molteplici sono le vie percorribili. Le misure per limitare le aree di responsabilità sul debito sono fatte perchè venga operata una netta distinzione tra il patrimonio delle persone fisiche da quello aziendale. Prima della Legge 3/2012 il paradigma del pagamento del debito era così concepito:

+entrate del nucleo familiare;
-ammontare delle rate mensili;
= si vive con ciò che si residua.

A ciò naturalmente conseguivano una serie di difficoltà, sacrifici e rinunce. Dopo la Legge 3/2012 il paradigma del pagamento del debito è così cambiato:

+entrate del nucleo familiare
-necessità per vita dignitosa
=si pagano i debiti con il residuo

L’inversione del paradigma ha visto le difficoltà scomparire e le famiglie respirare l’accordo con i creditori. Il debitore può mettersi nelle condizioni di stabilire un accordo con i creditori attraverso la stesura di un “Piano di rientro” che verrà presentato in Tribunale. L’accordo sarà sottoscritto se il 60% dei creditori darà il proprio consenso, ad eccezione dei creditori “privilegiati” come, per esempio, la banca che detiene un’ipoteca. Sarà compito del Tribunale verificare la validità del piano di rientro e accertare la legittimità dell’intera procedura per la ristrutturazione del debito.

La liquidazione del patrimonio

La Legge 3/2012 consente all’impresa sovraindebitata di presentare un “Piano di liquidazione” del proprio patrimonio, non un piano di rientro. Il debitore, non più essendo in grado di fare fronte alle obbligazioni assunte, decide, in accordo con l’OCC di liquidare in toto il suo patrimonio, siano essi beni mobili e immobili, crediti esigibili e maturandi. A vendita avvenuta ed ottenuta l’omologazione, si potrà procedere alla redistribuzione delle somme ricavate essendosi sanata ogni pendenza nei confronti di tutti i creditori. Il processo di liquidazione del patrimonio è semplice: l’OCC redige una relazione dalla quale evince sia l’inventario sia il valore di mercato dei beni mobili-immobili che il consumatore rende disponibili alla procedura affinchè si vendano per ripianare in tutto o in parte, i debiti contratti e nomina un terzo soggetto per la gestione delle trattative di vendita (liquidatore) che entro 4+1 anni dovrà portare a compimento la liquidazione con il miglior realizzo possibile. Durante i 4+1 anni non si pagano debiti e le procedure esecutive sono sospese. Omologata la liquidazione, si ridistribuiscono le somme ricavate ed il consumatore sarà esdebitato se avrà soddisfatto anche solo parzialmente tutti i creditori.

Piano del consumatore

Il suddetto piano è riservato in esclusiva al debitore persona fisica che abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale. Verrà versata al Tribunale un’unica rata mensile senza interessi, attraverso la quale si riesca a soddisfare tutti i creditori secondo le “classi di merito”. Per esempio l’ipoteca, i contributi sociali e l’IVA senza interessi debbono essere pagati integralmente; altri come finanziamenti al consumo, possono venire stralciati del 70-80%. Il piano del consumatore ha una durata massima di 144 mesi e non prevede alcun assenso dei creditori ma la sola verifica di fattibilità rilasciata dal Tribunale.

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